No, non mi sono montata la testa. Ho preso solo spunto da un libro che ho letto recentemente e che così definiva noi guide (in realtà, accompagnatori turistici) che portiamo il nostro bel cartello (come un crocifisso, ecco spiegata la metafora religiosa) e ci trasciniamo dietro i turisti sbarcati dalle navi da crociera.Spesso, anche a torto, siamo maltrattati dagli stessi residenti, pur cercando di fare del nostro meglio per passare i concetti importanti (si sta a destra, la maglietta lo so fa caldo ma te la tieni, non si mangia sui ponti o per strada). Questa acredine io proprio non me la spiego, sopratutto perché viene anche da persone che poi di turismo ci vivono in un modo o nell’altro.
Il libro è “Venezia è Laguna” di Roberto Ferrucci, appena uscito nella collana “Taccuini d’Autore” per la casa editrice Helvetia (€ 8.50).

Venezia è laguna
L’altro giorno ho deciso di andare alla presentazione perché, nonostante il mio ruolo di “sacerdotessa del turismo“, mi piace farmi un’idea sulle questioni. il tema in questo caso è quello delle “grandi navi” per le quali io non faccio mistero di lavorare. Mi sono trovata a fare questo lavoro, quello di assistente turistica, dopo altre esperienze andate male anche a causa della crisi economica e devo dire che, pur essendo io sempre in evoluzione, è un lavoro che mi piace molto.
I miei amici dicono sempre che sono fortunata perché lavoro con persone felici essendo in vacanza: è così ma ricordatevi come siete voi in vacanza. Non vi aspettate di stare bene al 110%? Ecco le aspettative sono sempre molto alte. E io ovviamente cerco di fare del mio meglio.

Romi in attesa di un gruppo all’aeroporto
Ma torniamo a bomba perché, anche grazie alla bella introduzione che del libro ha fatto Gianfranco Bettin durante la presentazione, sono scaturite in me alcune riflessioni.
Prima di tutto del libro consiglio ovviamente la lettura, così che ognuno se ne possa fare un’idea: credo che Roberto Ferrucci abbia saputo raccontare in maniera puntuale i sentimenti dei veneziani, il senso di disagio e di frustrazione nel veder entrare queste navi in Laguna. Dopo l’incidente all’inizio di questa estate, molti immaginavano che le cose sarebbero cambiate rapidamente; cosa che non solo non è successa ma tutte le informazioni che si sono susseguite non hanno fatto altro che creare confusione. Non immaginate quante volte quest’estate ho dovuto confutare il fatto che le navi fossero state bandite della laguna (come non c’è ancora il ticket e si possono usare i trolley con le rotelle)
Diversi temi sono sul tappeto: il tema ambientale relativo non solo al danno causato dalle grandi navi nel loro passaggio in laguna ma anche quello relativo alla quantità di inquinamento portato. Tutto questo ovviamente si scontra con il macrotema economico relativo a quanto denaro portino le navi in laguna: tanto, poco, niente a seconda di come lo guardi il problema.
Permettetemi alcune considerazioni, perché in una paese di commissari tecnici, solo perché hai preso un volo diventi un esperto di turismo. Ci sono navi e navi: alcune restano poche ore, altre che restano 1 o due notti offrendo anche tour serali in gondola o a vedere concerti di musica classica. Quindi le questioni vanno analizzate con cura circa l’indotto portato in città. Quello che portano a livello economico non sono solo quanti soldi spendono al ristorante ma che tutti i soldi che spendono per fare i tour.
Spostare le attività del porto in terraferma cambierebbe qualcosa? Spostarla a Marghera? Forse sarebbe ancor più dannoso. Prima di tutto per l’impatto dei lavori che bisognerebbe fare per poterle far arrivare a Marghera ma successivamente anche perché rischierebbe di trasformare anche un’altra parte del territorio e di farlo ruotare intorno alla monocultura turistica.
Inoltre il tema crociere di inserisce nel più ampio tema legato all’overturism e alle sue conseguenze sulla qualità della vita dei residenti. Se è vero che tutti hanno il diritto di venire a visitare Venezia, anche il pensionato di Barletta che fa la prima vera vacanza della sua vita, è altrettanto vero che i cittadini di Venezia hanno diritto ai loro spazi e a non essere oppressi. Noi lavoratori del turismo facciamo del nostro meglio perché questo non avvenga ma i grandi gruppi si sa creano sempre disagio. Perché ad esempio non imporre che i gruppi siano composti di massimo 15 persone?
Per più di un anno si è sbandierato il fatto che a Venezia si sarebbe creato il numero chiuso attraverso un ticket salvo poi scoprire che se avverrà sarà tra un anno e comunque su base volontaria (cioè se non paghi per il Comune non sarà così semplice scoprirlo).
Cosa fare allora? Da anni ho in lettura questo libro di Elisabeth Becker “Overtourism. The Exploding Business of Travel and Tourism” e lì ho cercato soluzioni a cui pensare e che si riferissero ad altre parti del mondo. Che facciamo? Diventiamo come l’area di Bordeaux dove per non diventare meta affollata mantengono i prezzi alti offrendo però un prodotto d’elite come proposto nel libro? Per mia esperienza di visita vi dico che è vero solo in parte perché i prezzi sono alti ma Saint-Emilion l’ho trovata fintamente turistica come tante nostre cittadine toscane o nei negozi di paccottiglia di Murano. Oppure prendiamo esempio dal Costarica e cerchiamo anche qui di mantenere i prezzi alti facendo cartello tra gli operatori?

Bordeaux
Non ho la soluzione ovviamente. Però due cose le dico. Bettin durante l’intervento ha detto che nel giro di pochi anni la situazione cambierà e ci sembrerà impossibile da qui a 10/20 anni che le navi siano entrate in Laguna come ci sembra impossibile aver costruito nel ‘900 l’area industriale di Marghera.
Ferrucci invece riporta nel libro l’esempio di Palma dove un giovane sindaco ambientalista sta cercando di “riconvertire il centro aiutando giovani artigiani a sostituire fast food e pizza al taglio e, sopratutto, mi dice che hanno da poco vietato gli Airbnb. (…) arriverà a convincere il governo spagnolo a farne arrivare soltanto una (di nave da crociera) al giorno al porto di Palma”.

Barca a vela in laguna
Se pensate che io sia preoccupata, voglia difendere lo status quo perché con le crociere ci lavoro vi sbagliare. Io sono pronta alla riconversione (che sta già avvenendo) e comunque quello non è tutto il mio lavoro.
Quello che serve è serietà: serietà nel voler cambiare il modello di business. Visione nell’ andarsi a prendere quei famosi yacht che si pensa possano venire a Venezia in sostituzione delle navi da crociera e nel pensare che comunque molte persone andranno impiegate in altri lavori (e attenzione che quelle che avranno più difficoltà ad impiegarsi saranno sempre quelle con meno titoli di studio). Coraggio di fare delle scelte anche impopolari ma che abbiano come fine il benessere dei cittadini nel loro ambiente.
Se non vogliamo più vivere solo di turismo e di crociere, cosa stiamo facendo per cambiare?