Ha inaugurato a marzo ma resterà aperta fino al 18 agosto una bella e nuova mostra alla Casa Tre Oci a Venezia. La mostra, dedicata alla fotografa Letizia Battaglia è una mostra a mio avviso che tutti dovrebbero vedere.

Cominciamo con il dire che la Casa dei Tre Oci a Venezia è già di per se un posto da visitare: è una splendida testimonianza dell’architettura Veneziana dell’inizio del ‘900. Disegnata dall’artista Mario De Maria, fu costruita nel 1913 in uno momento storico particolarmente importante per la Giudecca, l’isola che la ospita. In quegli anni infatti furono realizzati i complessi industriali di Junghans e il Molino Stucky, nonché aree residenziali sia popolari che borghese.

Da 6 anni la Fondazione di Venezia propone al suo interno mostre ed eventi dedicati alla fotografia, facendola diventare una sede espositiva importante per questa tematica.
In questa direzione si inserisce anche la mostra di Letizia Battaglia che ho avuto il privilegio di visitare durante l’inaugurazione a cui era presente la stessa autrice. Letizia Battaglia è arrivata sul luogo della mostra come una bambina rapita dalla curiosità: la curatrice Francesca Alfano Miglietti ha infatti lavorato in completa autonomia, senza condividere le scelte curatoriali fatte con la stessa fotografa. Ecco che allora anche per Letizia Battaglia la mostra è stata una grande sorpresa.

La realizzazione della stessa non è stata facile in quanto l’archivio fotografico di Letizia Battaglia non era sistematizzato ma la scelta è stata possibile anche grazie alla tenacia della nipote dell’artista che ha proposto alla curatrice le immagini quasi “sottraendole” allo sguardo critico della nonna.
Letizia Battaglia è nata a Palermo nel 1935 ed è tra le prime donne fotoreporter italiane.
Conosciuta sopratutto per aver documentato con le sue fotografie quello che la mafia ha rappresentato per la sua città, dagli omicidi ai lutti, dagli intrighi politici alla lotta che s’identificava con le figure di Falcone e Borsellino, nel corso della sua carriera Letizia Battaglia ha raccontato anche la vita dei poveri e delle rivolte nelle piazze, tenendo sempre la città come spazio privilegiato per l’osservazione della realtà, oltre al suo paesaggio urbano.
Ma al di là dell’oggetto fotografato, l’artista definisce la sua modalità di fotografare come un “piccolo furto”: “amo le cose a distanza” ha detto durante la conferenza stampa e ha raccontato di quando andò a sentire Pasolini ad un intervento e non lo avvicinò nemmeno.

Se è pur vero che la Sicilia è presente in molte immagini, è l’approccio quello che rende interessante l’osservazione di queste foto. “I poveri non sono solo a Palermo” dice; la sua fotografia descrive una donna a 360 gradi, con le proprie convinzioni in merito alla società, all’impegno politico, alle realtà emarginate, all’emancipazione della donna.
Le sue immagini non sono foto perfette, patinate: sono foto di passione e potenza, nate per strada facendo proprio la fotoreporter per i giornali locali.
“Una spinta fortemente morale completamente spoglia di pregiudizi estetici, di soluzioni tecniche o formali” (Francesca Alfano Miglietti).
300 foto, molte delle quali inedite e organizzate tematicamente: è stato bello quindi ritrovare volti famosi e meno famosi, frammenti di un secolo raccontati in un percorso, tradotti in “fotografia come scelta di vita”.
La mostra è aperta tutti i giorni dalle ore 10 alle ore 19 tranne il martedì. Il biglietto interno costa € 12,00 e sono presenti varie riduzioni. Durante il week sono previste varie iniziative laboratoriali per grandi e piccini e dal 18 aprile partono anche gli aperitivi fotografici grazie alla collaborazione con la Distilleria Nardini 1779.
Se cercate un posto dove fare l’aperitivo dopo, uno dei miei preferiti è all’interno del Generator Hostel poco lontano.
Buona visita a tutti.